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©Joan Fontcuberta, Omaggio a Topor, 1970

©Joan Fontcuberta, Omaggio a Topor, 1970

di Alessandro Pagni

Pensate alla bava burrosa di una lumaca troppo invadente.
Pensatela lenta, mentre vi avvolge con l’abbraccio di una madre oppressiva e la meticolosa attenzione di un amante devoto. Poi improvvisamente vi destate dal torpore del sonno e la trovate lì, umida e reale, di fronte a voi, a fissarvi con entrambe le antenne.
Non la madre oppressiva, la lumaca: ingombrante come una rivisitazione postmoderna degli incubi di Füssli e pesante quanto una bugia detta male. È li che vive Joan Fontcuberta, su quel filo teso, prossimo allo strappo, a cavallo fra la veglia e il sonno della ragione, in quel limbo malleabile dove le fantasie più irriverenti prendono la forma di bugie volutamente plateali.
Quel sorrisetto sornione da palombaro delle galassie, non cerca di nascondere la sua passione per il gioco, per la menzogna costruita ad arte, per lo sfottò irriverente, verso i puritani dello scatto, i feticisti della testimonianza visiva e tutti quegli accademici della fotografia, che rimpiangeranno sempre di non aver avuto un’accademia. Di non aver avuto una qualche certificazione della qualità del loro “guardare”.
Se ci fosse lui su quei banchi di scuola, li riempirebbe forse di gattini infernali a tre teste e piante officinali per curare la repulsione del “nuovo”: un luogo dove l’autenticità della prova fotografica diventa una barzelletta e i mondi possibili, sono di gran lunga più noiosi e finiti di quelli fabbricabili.
Fontcuberta è un artista concettuale, che utilizza la fotografia a supporto delle sue riflessioni sulla veridicità dei documenti e sul fenomeno del trasferimento di posteriori manipolazioni e mistificazioni di questi, da un mezzo di comunicazione di massa all’altro.

©Joan Fontcuberta, Cercophitecus, dalla serie Fauna, 1985

©Joan Fontcuberta, Cercophitecus Icarocornu , dalla serie Fauna, 1985

©Joan Fontcuberta, Centaurus Neandertalensis, dalla serie Fauna, 1987

©Joan Fontcuberta, Centaurus Neandertalensis, dalla serie Fauna, 1987

La sua formazione in ambito giornalistico, presso l’Università Autonoma di Barcellona, ha stimolato queste sue ricerche, portandolo ad intraprendere esperienze variegate, fuori dall’ambito della fotografia tradizionale e a vestire i panni di professore, scrittore, editore e critico, facendo della menzogna il punctum della sua poetica.
Serie come Herbarium, Fauna, Constel-lacions ci inoculano il dubbio di una fiducia mal riposta, nei confronti del “monolitico binomio” fotografia/verità, della fragilità dell’assunto per cui ciò che vediamo, sia necessariamente qualcosa di tangibile, per il solo fatto di riuscire a vederlo.
Ma Fontcuberta non si ferma qui, va oltre, entra nella storia vicina o lontana e la riscrive da protagonista (Sputnik, Deconstruir Ossama), scardinando in modo esilarante la sacralità di immagini ormai sedimentate nel nostro sguardo, tanto da essere percepite come vere e proprie icone. E nel fare questo, inserisce sempre a supporto delle sue mistificazioni, elementi didattici o giornalistici, che fanno somigliare le sue creazioni a tavole ben organizzate dal sapore scientifico o divulgativo, per sottolineare come certi strumenti di comunicazione oggi, siano un’attestazione inconfutabile di verità, al di là del loro contenuto: come accade ad esempio nella ricerca di un’evoluzione “altra” dell’umana specie, mediante la messa in scena di eccezionali e fantomatici ritrovamenti degli scheletri di una stirpe di sirene (Sirenas).

©Joan Fontcuberta, Retrat oficial d’Ivan Istochnikov, dalla serie Sputnik,1997

©Joan Fontcuberta, Retrat oficial d’Ivan Istochnikov, dalla serie Sputnik,1997

©Joan Fontcuberta, Sirena del Tormes, dalla serie Sirens, 2006

©Joan Fontcuberta, Sirena del Tormes, dalla serie Sirens, 2006

Nella serie Miracles & Co. infine, tocca l’essenza del sacro, annientando in modo beffardo miti, rituali e credenze di differenti dottrine religiose, col piglio divertito di chi minaccia future dissacrazioni, perché non c’è limite alle possibilità di stravolgimento e mistificazione dell’oggetto FOTOGRAFIA.
La genuina onestà di questo personaggio è racchiusa nel suo sorriso, che esibisce senza esitazione ed è un invito a giocare con la fotografia e a distruggerla, se necessario, per riappropriarci di una qualche forza che ormai il mezzo sembra aver perduto, a causa dell’eccesso di zelo, da parte dei seriosi fotografi che popolano circoli e associazioni a tutela della banalità, nel cercare di essere veri, mentendo a sé stessi e invadendo il mondo di cattive imitazioni, di frasi già dette e sensazioni altrui, già raccontate.
E non c’è bugia più volgare di una bugia che non ci appartiene.

©Joan Fontcuberta, Miracle de la feminitat, dalla serie Miracles & Co., 2002

©Joan Fontcuberta, Miracle de la feminitat, dalla serie Miracles & Co., 2002

 

©Joan Fontcuberta, Manbaa Mokfhi posa el rostre a la campanya internacional de Mecca Cola, dalla serie Deconstruir Ossama, 1986

©Joan Fontcuberta, Manbaa Mokfhi posa el rostre a la campanya internacional de Mecca Cola, dalla serie Deconstruir Ossama, 1986

Approfondimenti:

Gerardo Regnani, La metafotografia di Joan Fontcuberta

Conference: Vrai ou Faux? – Joan Fontcuberta

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